Come combattere il terrorismo

Tutto quello che possono fare i governi europei per la sicurezza dei loro cittadini sarà naturalmente benvenuto. In particolare, le preoccupazioni del governo italiano attraverso le parole del ministro degli Interni vanno condivise. Siamo in ritardo sul controllo dell’immigrazione clandestina, ne abbiamo subito i costi e ci troviamo con un allarme generalizzato che colpisce, soprattutto sul piano sociale, la parte più debole della nostra popolazione. Sono anni che il partito repubblicano chiede di misurare l’accoglienza con le compatibilità e di affinare gli strumenti di espulsione. Per avere città sicure, non solo dagli attentati, ma proprio nello svolgimento della vita quotidiana, troppo spesso esposta a rischi insopportabili. Così come è necessario uno sforzo comunitario per evitare che il nostro Paese sia preso d’assalto dai barconi che provengono dalla Libia, principalmente, serve uno sforzo internazionale comune per fermare la minaccia terroristica. E serve anche un’attenzione particolare alla Libia dove la situazione interna non si può definire proprio rassicurante. Non sono solo gli emigrati che possono provocare attentati, ma anche le nuove generazioni di famiglie perfettamente integrate e che pure recepiscono il richiamo della loro fede remota, senza dimenticare che abbiamo visto in questi anni centinaia di giovani occidentali confluire nelle file dell’Isis per combattere e poi tornare tranquillamente nel loro pase di origine. Se si tratta di contrastare un fenomeno di questa portata ideologica, religiosa, politica, militare, che infesta almeno 4 continenti, i governi di Stati Uniti, Europa e Russia debbono mettere da parte ogni possibile contenzioso e parlare un linguaggio utile a trovare il modo e la maniera per combattere questa minaccia che non è meno grave del nazifascismo degli anni ’30, del secolo scorso, anzi. Per cui è il caso di superare barriere che avrebbero dovuto essere accantonate fin dal tempo della guerra fredda.

Roma, 3 gennaio 2017